Una bella giornata da pensionati gaudenti. Non si può usare
termine migliore per definire l’escursione sui monti del nostro appennino
effettuata insieme a Danilo (il mio fratellino, detto anche “il piccolo”).
Visto che non abbiamo frette particolari, partiamo con
comodo e con comodo arriviamo a Lagdei.
Lungo il viaggio ci stupisce molto il continuo salire della
temperatura. Non che non si conoscano gli effetti della inversione termica, e
poi si sa l’aria fredda sta in basso e quella calda sale ecc.. ecc… ma davvero
oggi questo fenomeno è davvero importante. Arriviamo a Lagdei con una
temperatura davvero mite per questi tempi. Quindi con comodo sistemiamo gli
zaini e poi partiamo. Saliamo lungo la traccia che porta al Lago Santo.
Quest’ultima è talmente ben pestata che non abbiamo necessità di calzare le
ciaspole, la temperatura mite ci consente anche di tenere i ramponi nello
zaino. Ben presto dobbiamo fermarci per togliere qualche indumento di troppo.
C’è un silenzio incantevole nell’aria tersa della mattina. Non c’è nessuno. Si
sente solo il frusciare del venticello leggero fra le fronde ancora spoglie dei
faggi.
Qualche uccellino comincia a svolazzare ma poca roba. Solo il nostro
pestare ritmico sulla neve ricorda alla natura che ci sono in giro degli umani.
Il Lago Santo senza gente è un’altra cosa….
Sulla neve ghiacciata che ricopre lo
specchio d’acqua si riflette un bel sole che spunta da dietro lo Sterpara
facendo riflettere di una bella luce vibrante i cristalli di ghiaccio.
Attraversiamo il lago e raggiungiamo il sentiero che sale verso il Marmagna.
Poco più in là, al bivio per lo Sterpara, lasciamo il sentiero battuto e ci
avventuriamo nella neve abbondante dopo aver calzato le nostre ciaspole. C’è
molta neve e i segni biancorossi si vedono e non si vedono, spesso sono sotto
il livello nevoso. Un po’ a naso un po’ grazie al gps ci manteniamo in rotta.
Un paio di traversi con neve farinosa ci preoccupano un po’…passiamo con
attenzione fra i rami dei faggi. Poi il sentiero si spiana al bivio per lo Sterpara.
Se andassimo verso l’aquila dovremmo passare sotto pendi carichi e un po’ di
cornici. Proviamo a seguire una serie di impronte da ciaspole che vanno verso
l’aquilotto. Poi vedremo il da farsi. La montagna con la neve assume forme
diverse…e a volte si fatica a capire bene dove si è.
Ad un certo punto le
tracce girano a destra e si portano verso la sella de Marmagna.
Noi siamo sotto
la cresta dell’Aquilotto…. Mettiamo i ramponi, estraiamo la Piccozza e andiamo
su dritti.
La neve compatta ci consente una bella salita. In cresta la faccenda
si fa sottile. Proviamo a seguire la cresta in direzione della cima
dell’Aquilotto.
Uhm…dopo poco ci arrestiamo…non abbiamo traccia, non sappiamo
bene la consistenza di quel che abbiamo sotto i piedi…inutile rischiare…i
canali a destra e a sinistra sono poco rassicuranti. Dietro front.
In breve
torniamo al punto di partenza. Decidiamo di salire sull’Aquilotto dal versante
opposto. Dovrebbe essere ben fattibile e praticamente sgombro da neve… o quasi.
Facciamo un bel traverso da ramponi
e poi prima della sella del Marmagna iniziamo la salita verso la cima.La salita alla cima dell’ Aquilotto è piacevole nonostante i ramponi ai piedi. I miei Black Ice sono “abituati” al “misto” e mi portano tranquillamente in vetta.
Foto e rifoto alla cima
e inizia la discesa. Dalla Sella del Marmagna saliamo per direttissima di cresta fino alla Croce di Vetta. Il terreno erboso ben duro ci favorisce nella salita con i ramponi ai piedi. Le punte di ferro arpionano bene il terreno erboso e saliamo sicuri. Ma…la croce è sempre là in fondo…ma chi è che la sposta?
Ad ogni dosso della cresta pare che la vetta si allontani… Finalmente arriviamo sotto l’imponente croce ferrea.
Mentre arriviamo uno sci alpinista scontroso accenna un saluto di malavoglia in risposta al nostro allegro parlargli…fa niente. Sotto di noi, verso Sud, un mare di nubi e e nebbia ci nasconde il mare.
Le alpi Apuane emergono imponenti velate da una foschia misteriosa. Ci accomodiamo, riparati dal vento, e mangiamo qualcosa.
Poi iniziamo le operazioni di rientro.
Seguiamo la traccia lasciata dallo sciatore e scendiamo lungo “l’imbuto”.
La neve comincia a “mollare” davvero. Per non scivolare teniamo i ramponi, e scendiamo sul ripido. Più sotto rientriamo in traccia e in un attimo siamo al Lago Santo.
Abbiamo fatto davvero in fretta. Riattraversiamo il lago ghiacciato dove il ghiaccio superficiale si scioglie a vista d’occhio. Ma sotto i nostri piedi non si sentono i consueti rumori del ghiaccio… La discesa a Lagdei è veloce (anche troppo) e, mentre la nebbia avvolge le cime dove eravamo prima, ci apprestiamo a ripartire.
Il viaggio di ritorno è tranquillo, da pensionati, come
quello di andata…..